Batistuta e quel pomeriggio a Parma
Diciamoci la verità: l’avevamo sempre saputo.
Sì, non avevamo bisogno del risultato del campo: noi già avevamo la certezza che quell’anno sarebbe arrivato il terzo scudetto (detto anche scucetto, vista la maglia sul quale il mitico triangolino tricolore era stato apposto per una stagione) dal momento in cui il Presidente Franco Sensi staccò quell’assegno da 70 miliardi per portare a Roma il bomber della Fiorentina, il Re Leone, Gabriel Omar Batistuta.
Si dice che l’alternativa, nella mente di Sensi, era Pippo Inzaghi, allora ventisettenne e in forza alla Juventus: ma Bati era qualcosa di più di un semplice attaccante. Gabriel era un campione, era l’uomo che sfondava le porte con i suoi siluri: era l’unico in grado di sollevare il morale a una piazza giallorossa demoralizzata dopo la vittoria della Lazio nel campionato appena concluso. A proposito, sto parlando dell’estate del 2000.
E quella certezza inconscia, non detta forse, ma sussurrata nel cuore da ogni tifoso della Roma, iniziò ad assumere una forma più concreta, reale e tangibile, il 4 febbraio del 2001 a Parma. Ultima giornata del girone di andata.
La Roma conclude il primo tempo in svantaggio, per il gol di Marco Di Vaio che aveva gelato la marea di tifosi giallorossi che avevano invaso la città ducale.
E Batistuta prese in mano la partita. Da solo.
Con due tiri, infilati con tutta la potenza di cui disponeva, con tutta la rabbia e la voglia di vincere di un intero popolo che voleva quella vittoria, Batistuta trafigge Buffon e regala i tre punti alla sua Roma.
Quel pomeriggio capimmo. Cosa? Quello che abbiamo sempre saputo.
Tanti auguri per i tuoi 45 anni, Gabriel Omar Batistuta.